mercoledì 3 settembre 2014

Recensione “La scuola dei desideri” di Joanne Harris


Voto: 8/10

Autore: Joanne Harris
Titolo: La scuola dei desideri
Pagine: 445
Titolo originale (e ampiamente più corretto): Gentlemens & Players
Edizione e ISBN: prima edizione in italiano rilegata, ISBN 88-11-67871-4




Trama: Una serie di inspiegabili e fastidiosi eventi, inizialmente innocui e ridicoli, in seguito sempre più pesanti, comincia a colpire e St Oswald, una prestigiosa scuola privata inglese che vive un rapporto di generale distacco con la città, caratterizzata da grandi quartieri popolari dove il vandalismo dilaga, e trova il suo fulcro nella scuola statale di Sunnybank Park. Una sorta di cospirazione, proveniente direttamente da quel passato che la scuola pensava di aver sepolto, è in atto per sradicare alla base le radici dell'istituto privato, riportando alla luce quelle intaccature di fronte alle quali i responsabili della scuola hanno fatto finta di non vedere, solo per salvare il nome di St Oswald. Ma ora nella partita è coinvolto anche il professore di lingue classiche Roy Straitley, sessantacinquenne e ormai vicino alla centuria, un uomo caratterizzato dai molti vizi che, pur scalzato dall'avanzata della tecnologia e privato del suo ufficio, viene collocato in un'aula condivisa fra tre nuovi professori, sarà l'unico a poter tornare a scavare nel passato per affrontare diritto e in faccia, nonostante le avversità, il pericoloso che sta rovesciando l'istituto.

Commento: La trama di questo libro mi ha affascinata subito, mi ricordava un po’ “L’attimo fuggente”. Una scuola inglese vecchio stile, con piccoli e grandi professori. Ma non lasciatevi ingannare, questo libro è molto diverso da quanto ci si aspetta. 
Prima di tutto, nessun personaggio è positivo in tutto e per tutto (a differenza de “L’attimo fuggente” dove John Keating è il professore che tutti vorremmo).
Punto secondo. In realtà, leggendo le prime 30-40 pagine, mi sono sentita spaesata: non capivo chi era il protagonista o quanti ce ne fossero e mi ero chiaramente persa i loro nomi. Oltretutto, ho trovato difficoltà a livello temporale. In conclusione, ho dovuto rileggerle tutte da capo. La cosa geniale di tutto questo caos, è che non avevo torto nel considerarmi spaesata, perché la geniale Joanne Harris, vuole proprio che la nostra comprensione rimanga poco più che nulla.
Però è buona cosa che io faccia un chiarimento, soprattutto per coloro che stanno per leggerlo o intendono farlo. Non voglio certo farli cadere nella mia medesima situazione! Non ci sono spoiler! Questa è solo una “guida alla lettura”, se si può definire così, quindi potete leggere tranquillamente.

Allora, punto uno. Ci sono due protagonisti ed entrambi sono professori. Uno è Roy Straitley, vecchio e classico docente di latino, che deve scoprire un “mistero”, si, chiamiamolo così. L’altro è sempre un professore di St Oswald ma non sappiamo né il suo nome né il suo cognome. Tutto il libro è incentrato sullo scoprire chi egli sia tra i numerosi professori di St Oswald.

Punto secondo: i tempi. Entrambi i professori si trovano a St. Oswald nello stesso periodo, ma si sa solamente che Roy Staitley è nella scuola da 30 anni, mentre il professore misterioso è stato appena assunto (insieme a molti altri). Roy Staitley, nei suoi discorsi, non torna mai indietro nel passato (o lo fa raramente). Al contrario, tutti i monologhi del misterioso professore, o gran parte di essi, sono ambientati nella sua infanzia, quando, figlio di Jhon Snyde, il custode di St Oswald, girovagava per la scuola facendosi passare per qualcuno che non era.
Quindi abbiamo un cognome, “Snyde”, che non compare tra i professori. Perciò il misterioso professore ha un altro nome…

La difficoltà della storia è un elemento determinante della storia stessa. Immagino le difficoltà che l’autrice ha dovuto superare per riuscire a scrivere una storia del genere senza errori! Queste difficoltà naturalmente si sono dimostrate evidenti anche nel lettore. Controllando le recensioni su Amazon, sia nella versione inglese che italiana, tutti i lettori (o gran parte di essi) hanno evidenziato le mie stesse perplessità all’inizio. Però, come anche nel mio caso, la recensione è risultata nel complesso molto più che positiva. Potrete capire il perché solo leggendolo.

La mia conclusione è che lo consiglio vivamente a coloro che amano le atmosfere british, amano i gialli e non si lasciano fermare da una trama ingarbugliata.

Francesca

giovedì 14 agosto 2014

Recensione di "Tredici" di Jay Asher

Avevo sentito parlare di questo libro in due modi: c’è chi l’ha odiato e chi l’ha amato. Quindi mi è piaciuto si o no? Nì.
Voto: 7/10

Titolo: "Tredici"
Autore: Jay Asher
Titolo originale: “Thirteen reasons why”
Casa Editrice: Mondadori, 2008
Genere: young adult, thriller psicologico
Prezzo: € 15,00
Pagine: 237

Trama: Clay , tornando a casa da scuola, trova una scatola da scarpe davanti la porta di casa. Al suo interno 7 cassette numerate con lo smalto blu. Nessun mittente.
Inizia ad ascoltare la casetta 1, lato A e si accorge immediatamente che chi parla è Hannah Backer, una ragazza della sua scuola, che si è suicidata meno di due settimane fa, senza una spiegazione razionale.
Hannah ha registrato tredici episodi, una per lato, dedicati a tredici persone, che accusa di aver provocato volontariamente o no, la sua morte. Ma Clay cosa c’entra? Sa di non aver fatto nulla, perciò cosa può avere a che fare quella storia con lui? Sì, una volta ha baciato Hannah Backer, e allora?
Sconvolto dal sentire l’eco lontano dei pensieri di una ragazza che ha deciso di farla finita, Clay si lascia trascinare dal racconto, visitando i luoghi e gli avvenimenti che lui ha in parte condiviso con altre dodici persone, con le quali ha avuto poco a che fare, se non a scuola. Che cosa sarebbe successo se…?

Commento:
Avevo un diavoletto che mi diceva “Ma che fai? Perché lo prendi? Non ti lascerà nulla…”, ma alla fine l’ho preso e l’ho anche letto. In 6 ore, neanche.
Clay è un ragazzo a posto, su questo non c’è dubbio. E’ la povera Hannah che ha sempre avuto bisogno di uno psicologo. La ragazza, tormentata dagli accadimenti, si lascia completamente andare alle dicerie e da’ troppo valore ad alcuni gesti, che forse io personalmente avrei lasciato correre. Chi di noi non è stato preso in giro, usato o anche solo abbandonato da amici che credeva veri? Nessuno. Hannah sembra farne una tragedia più grande di lei. Forse è una ragazza debole, vittima di sé stessa. Ma come si fa ad uccidersi per motivazioni del genere?
E’ chiaro che il libro non avrebbe potuto avere neanche un inizio se lei non avesse preso quelle pasticche. Ma la mancanza di motivazioni, quella è tutta colpa di Jay Asher. E’ un ottimo scrittore, ne sono certissima, ma avrebbe dovuto osare di più. Giustamente questo è un libro indirizzato a dei ragazzi, perciò capisco il timore di Asher, se così fosse. Ma non è più rischioso? Voglio dire, un ragazzo fragile, che legge un libro del genere, in cui la protagonista si è suicidata per motivi futili, non è un bel modello, no? Capisco il suicidio per onore, ma questo è tutto un programma. Oltretutto, la razionalità con cui Hannah compie il suo gesto, preparando le cassette, analizzando ogni minimo dettaglio degli eventi e, diciamolo, eccedendo nel dare un valore a azioni sconsiderate di adolescenti altrettanto sconsiderati, non può essere considerata realistica. Hannah è troppo metodica per apparire debole e vittima, la sua è una vendetta. E’ lei quella più crudele, in tutto il racconto. E’ lei che provoca un senso di angoscia in molti di quei tredici, che prendono anche in considerazione di essere loro stessi istigatori del suicidio di lei (in parte giustamente). Da questo punti di vista l’ho apprezzato: la vittima è in realtà anche colpevole. In effetti, da una parte Jay Asher te lo fa capire, perché quando trova uno spiraglio di luce è lei che sceglie di guardare ancora il fondo del pozzo, solo per trovare un altro motivo per compiere quel gesto. L’errore di Jay Asher è stato quello di non darle un valido motivo, oppure di non sottolineare come la falla sia in Hannah stessa. Perché, per Hannah, non era lei che doveva reagire, ma gli altri che dovevano smettere di perseguitarla e comprendere il suo vittimismo.  Hannah è convinta che le persone debbano soppesare ogni minimo gesto prima di compierlo e valutare ogni parola prima di dirla. Ma certo, è vero. L’errore di Jay Asher è stato quello di eliminare il messaggio contrario, ovvero, “non ti curar di loro, ma guarda e passa”.
Eppure, in un certo senso, l’ho apprezzato perché è Hannah il vero “cattivo” della storia. Oltretutto la storia è narrata con molta originalità e tatto e Jay Asher è un ottimo narratore.
Quindi, se lo avete in libreria, leggetelo. Se lo trovate nella libreria di un amico, fatevelo prestare. Se volete comprarlo, andate in biblioteca, che è meglio. 

Francesca

lunedì 11 agosto 2014

Recensione de "Il buio oltre la siepe" di Harper Lee

Voto 10/10 (ho cambiato il sistema di voto, perché quello in base 5 è piuttosto limitante)

Harper Lee oggi potrebbe sembrare una dolce vecchietta, ma è stata uno delle donne più influenti che il '900 abbia mai avuto e questo grazie all'unico libro che ha sentito il bisogno di scrivere: "Il buio oltre la siepe" (titolo originale "To Kill a Mockingbird", uccidere un usignolo) del 1960. Chiaramente autobiografico, il buio oltre la siepe è un capolavoro senza pari, nonché vincitore del premio Pulizer del 1960. Ve lo consigliamo non tanto perché è un capolavoro, ma perché può cambiarvi la vita.


NESSUNO SPOILER NELLA RECENSIONE

Titolo: "Il buio oltre la siepe"
Autore: Harper Lee
Anno di pubblicazione: 1960, sia per l'edizione italiana, sia per quella inglese (traduttrice Amalia D'Agostino Schanzer)
Prezzo: 8,50  euro (per l'edizione UEF) o 12 euro (per l'edizione grandi letture Feltrinelli, in verde al lato)---> questa si trova con più difficoltà
Amo quest'edizione perché è particolarmente curata nella grafica e il font è molto gradevole alla lettura. Elementi da non sottovalutare se può diventare il tuo libro preferito.

Trama:
Ambientato negli anni 30 del XX secolo, nell'Alabama segregazionista, questo romanzo vede protagonisti la piccola Scout Finch (che a 9 anni è già più sveglia di molti adulti che la circondano) e il fratello Jem, di pochi anni più grande. Jem sogna di poter diventare un giorno un grande avvocato come il padre Atticus.
Sebbene ossessionati dalla figura misteriosa di Boo Radley (il figlio del vicino di casa che nessuno dei due ha mai visto  ma che si racconta essere profondamente disturbato), i due bambini trascorrono una tranquilla esistenza ai confini della città di Maycomb. Orfani di madre, vengono allevati dalla domestica di colore Calpurnia.
Tra gli svariati (e spesso crudeli) tentativi infruttuosi di far uscire Boo dal suo isolamento domestico, i bambini, affiancati dal loro amico Dill, assistono sconcertati al repentino cambiamento della loro quotidianità. Atticus, infatti, da sempre fortemente antirazzista, viene assegnato alla difesa di Tom Robinson, un giovane di colore accusato di violenza carnale nei confronti di una ragazza bianca. La cittadina di Maycomb si schiererà fin dall'inizio contro Atticus Finch. Si assisterà all'intero processo contro Tom Robinson, alle arringhe degli avvocati e alle reazioni dei ragazzi, spettatori inconsapevoli di una realtà crudele e ingiusta...

Commenti:
Il libro è narrato in prima persona da Scout che, tra un evento e l'altro, aggiunge flashback e pensieri propri. Le vicende le appaiono spesso incomprensibili, abituata ad un ambiente egualitario come quello di casa Finch. E' proprio tramite il processo a Tom Robinson che Scout si rende conto, in un certo senso, di aver discriminato Boo Radley.
A differenza di Scout, Jem ha un forte senso di ciò che è giusto e ciò che non lo è. Appoggia apertamente le idee del padre e segue attivamente il processo. Il padre è il suo modello e non ne fa un segreto.
Atticus è un uomo tranquillo e riflessivo, nonché uno stimato avvocato. La sua figura è, con tutta probabilità, nata per emanazione stessa del padre di Harper Lee, anch'egli avvocato. Ma la Lee ha ammesso che suo padre era sostenitore di idee segregazioniste, a differenza di Atticus.
Harper Lee divenne avvocato (come Jem desiderava), ma si ritirò per un periodo per scrivere il libro sotto consiglio di Truman Capote. Fu proprio Capote (il famoso autore di "Colazione da Tiffany") a convincerla dell'importanza della sua infanzia. Crebbero nella stessa cittadina e furono amici per molto tempo. Truman Capote fu uno scrittore molto attivo ma non vinse mai il premio Pulizer (a differenza di Harper Lee), perciò, si racconta, che la loro amicizia venne meno per gelosia da parte del famoso giornalista. Comunque non c'è certezza su questo punto. Dietro la figura di Dill si nasconde proprio Truman Capote!
Una figura interessante, che rimane in parte oscura anche dopo la fine del romanzo, è quella di Boo Radley. Il titolo della versione italiana "il buio oltre la siepe" fa riferimento proprio a questa figura. Il buio oltre la siepe rappresenta l'incapacità di sconfinare oltre i propri orizzonti. A differenza di molti romanzi il cui titolo è stato tradotto, a mio avviso, questa volta è stata fatta una scelta azzeccatissima, migliore dell'originale.

Sembra sia il libro preferito di Obama, ma io ve lo consiglio a prescindere. Un capolavoro come pochi.

Nel 1962 venne tratto da questo romanzo il film omonimo, diretto da Robert Mulligan, che vinse ben 3 Oscar.




domenica 10 agosto 2014

Le 5 cose che non dovresti mai dire a un bookworm...

Come topo di biblioteca, ho avuto a che fare con persone che non sembrano comprendere il mio amore per i libri.
Così ho compilato una lista delle cose che le persone mi hanno detto almeno una volta nella loro triste vita e mi hanno fatto girare le ruote.

1) Mai e dico mai, mai, mai usare la frase "Visto che non stai facendo niente...."
Evidentemente il concetto di "fare qualcosa" non è standard e non tutti sono dotati di empatia.
Vedi questo libro? LO VEDI?  Questo coso ha attratto la mia attenzione molto più della tua esistenza, perciò qual è il tuo problema? Considera che se dici "visto che non stai facendo niente...", farò finta di non averti sentito.

2) "Allora, questo libro di cosa parla?"
A meno che tu non voglia saperlo VERAMENTE, non chiedermelo. Se si tratta di un libro che mi piace, credimi, questo momento diverrebbe un trauma esistenziale per te, non per me. Se non mi ascoltassi con attenzione, spezzeresti il mio cuore e probabilmente quello sarebbe l'ultimo istante della tua insulsa vita.

3) "Non dovresti fare qualcosa di costruttivo?"
Leggere punto 1)

4) "Leggi troppo, fatti una vita!"
La mia forza oscilla tra la violenza e l'apatia, dopo questo genere di affermazioni. Sicuramente le persone non possono essere così sciocche, giusto? GIUSTO?
Un lettore vive centinaia di esistenze diverse, ma che ve lo spiego a fare?

5) "Perché vai in libreria di nuovo? Non hai abbastanza libri?"
Questa è una domanda ridicola. Sei serio? Un lettore non ha mai abbastanza libri! "Troppi-libri" è un ossimoro. Non ha senso. Forse solo se li avessi legati ai piedi in un momento di depressione, allora sì, sarebbero "troppi".

giovedì 7 agosto 2014

Recensione "Sette minuti dopo mezzanotte" di Patrick Ness

Ero indecisa, quando ho iniziato a leggerlo, se fare o no la recensione di questo libro perché sul retro di copertina c'è la dicitura "dai 12 anni in su".
Mi sono sentita veramente una schifezza per aver pensato una cosa del genere, dopo averlo finito. Non si può non recensire un capolavoro del genere. E' un libro per adulti, non per bambini. E' troppo crudo, troppo triste e troppo profondo. Se siete di lacrima facile, verso la fine avrete bisogno di un tergicristalli, non di un semplice fazzoletto.

Il mio voto è 5/5, nella maniera più assoluta.

TITOLO: Sette minuti dopo la mezzanotte
Autore: Patrick Ness
Titolo originale: "The Monster Calls"
Editore: Mondadori
Anno:2012

L'idea originale del libro è di Siobhan Dowd, che è morta prima di poterla rendere un racconto. Patrick Ness ha ricevuto il testimone.


Trama:
Conor è un ragazzino che deve assumersi troppe responsabilità per la sua età. Sua madre è visibilmente malata e suo padre ha una nuova famiglia al di là dell'Atlantico. Sua nonna la vede raramente.
Una notte, sette minuti dopo la mezzanotte, il tasso che ombreggia il cimitero al di là della ferrovia che passa accanto a casa sua, prende vita e cammina, raggiungendo la sua finestra aperta. Non è un semplice albero, ma un vero e proprio mostro, di quelli con gli occhi rossi, quelli che, si dice, uccidano. Conor non ne ha paura, anche se dovrebbe averne. Ma lui, a suo dire, ha "visto di peggio".
Il mostro lo avverte che verrà a trovarlo molte volte, perché deve raccontargli tre storie su tre episodi che lo hanno costretto a prendere vita e a camminare, come in quel momento. Ma poi toccherà a Conor raccontare non tanto una quarta storia, ma la verità. Quella che Conor nasconde a tutti, anche a se stesso, quella che lo viene a trovare tutte le notti nei sogni e lo terrorizza....

Commento:
Devo dire che all'inizio credevo fosse uno di quei racconti stile "Canto di Natale" di Charles Dickens, con i tre racconti (o i tre fantasmi) che vengono e ti fanno cambiare opinione o ti obbligano a cambiare atteggiamento.  Mi sono totalmente ricreduta e l'ho apprezzato come non mai. E' di una profondità disarmante. Il bambino che si trova a combattere suo malgrado con la malattia della madre che non può far altro che personificarsi in un mostro, la paura della morte e il "ho visto di peggio". Ma non è solo questo. Ogni personaggio ha una personalità che spicca. C'è il padre, che non puoi non odiarlo per ciò che ha fatto, ma lo apprezzi per essere in parte ritornato indietro per un po'. Adori la nonna, una di quelle moderne, che di distrugge tra un nipote che vede i mostri e una figlia malata. E non puoi non adorare Lily, la bambina con un lato oscuro, come ce l'hanno tutti. Harry, il bullo, è il personaggio che più mi ha lasciato sconcertata. Ha una malignità che va oltre le botte, oltre anche il potere degli insegnanti, che, dicono di lui, "diventerà primo ministro".
Ammetto di aver adorato il mostro-tasso. Il tasso è l'albero della morte per la cultura anglosassone. La sua linfa e la sua corteccia sono importanti per molti chemioterapici, ma le sue bacche sono tra le più velenose in natura. Il mostro non è "buono" e tantomeno "cattivo". Non è neanche un misto di tutto questo. E' un giudice implacabile, uno di quelli che non applica le regole, ma le crea. Ti obbliga ad esprimere ciò che sei veramente, così come fa la morte, quando te la trovi davanti.
Questo è un libro che puoi leggere a 12 anni, ma sarai costretto a rileggerlo anche da adulto per apprezzare tutte le sfumature e non solo la tristezza della morte.

Non ho amato il cambio di titolo dall'inglese all'italiano. Il mostro infatti non si presenta solo 7 minuti dopo la mezzanotte, ma anche 7 minuti dopo mezzogiorno, a volte. Perciò avrei apprezzato di più la semplice traduzione del titolo in inglese.

Francesca

mercoledì 6 agosto 2014

Scarpe....letterarie!

Guardate che meraviglia.... una o due riuscirei a farle anch'io con colla vinilica e un bel po' di carta di giornale, stile Art Attack. No, lasciamo stare....